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GDL Liberi di Leggere_I disturbi mentali

Da 17 Dicembre 2022 18:00 fino a quando 17 Dicembre 2022 20:00

Incontro mensile del Gruppo di Lettura Liberi di Leggere a cura di Silvia Andreoli.

Tema dell'incontro: I disturbi mentali

Libri del mese:

 

billHelen Humphreys, Bill

Canwood, Saskatchewan, 1947. Leonard Flint, un bambino solitario ed emarginato, si lega in un'amicizia strettissima e anomala con il barbone del villaggio, un giovane uomo conosciuto come Bill Zampa di Coniglio. Bill è silenzioso, sgarbato, selvaggio, eppure si fida del piccolo Leonard, e gli consente di accompagnarlo quando deve piazzare le trappole per i conigli, a cui strappa le zampe, per poi rivenderle come portafortuna - è così che si mantiene. E consente, soprattutto, al bambino di andare a trovarlo nel rifugio che si è scavato alla base di una collina, e di riposarsi, a volte, sul suo letto fatto di balle di fieno. Il piccolo Leonard non desidera altro che trascorrere del tempo con Bill, che ama con un'ammirazione e una dolcezza straordinarie, a tratti inquietanti. La pacatezza di Bill, i suoi silenzi, la sua generosità spiccia, incarnano, agli occhi del bambino, un mondo ideale, di affetto sincero, naturale, istintivo, e rappresentano anche la possibilità di fuga da un contesto violento che lo opprime: a scuola, infatti, Leonard è perseguitato dai bulli e, a casa, il padre alcolizzato è molto severo e pochissimo incline a tenerezze. Sarà quindi per Leonard un autentico shock vedere, con i propri occhi, Bill commettere un omicidio efferato, e soprattutto con una noncuranza sconvolgente e inspiegabile, chiosata dalla frase che sentirà ripetere al processo dallo stesso Bill: "Se l'è cercata". Quindici anni dopo, fresco laureato in psichiatria, Leonard giunge all'Istituto di Igiene Mentale di Weyburn, emozionato, ma anche intimidito, da una delle istituzioni più importanti del paese, e che all'epoca conduce importanti ricerche sperimentali sulla capacità dell'LSD di contribuire alla cura o alla diagnosi alcune patologie mentali. E con sua grande sorpresa, a Weyburn Leonard ritrova Bill, paziente più maturo, incaricato di occuparsi delle scuderie dell'istituto (dorme nelle stalle, perché continua a preferire la compagnia degli animali). Nonostante siano passati diversi anni, e sia diventato ormai un adulto, Leonard si accorge di provare gli antichi sentimenti di devozione e di amore per quello strano uomo che è Bill. Ne è ossessionato, tanto da dimenticare i suoi doveri di psichiatra. E questo porterà a un evento drammatico, che però avrà il merito di gettare finalmente una luce su quel passato tragico, sfumando anche l'antica separazione tra buoni e cattivi. Leonard ne trarrà, infatti, una definitiva consapevolezza sulla fragilità umana, e sulle dolorose battaglie che ciascuno di noi combatte nella vita, e che trovano a volte sollievo nelle amicizie più imprevedibili, fatte di generosità e slancio.

  

sacksOliver Sacks, L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello

Oliver Sacks è un neurologo, ma il suo rapporto con la neurologia è simile a quello di Groddeck con la psicoanalisi. Perciò Sacks è anche molte altre cose: «Mi sento infatti medico e naturalista al tempo stesso; mi interessano in pari misura le malattie e le persone; e forse anche sono insieme, benché in modo insoddisfacente, un teorico e un drammaturgo, sono attratto dall’aspetto romanzesco non meno che da quello scientifico, e li vedo continuamente entrambi nella condizione umana, non ultima in quella che è la condizione umana per eccellenza, la malattia: gli animali si ammalano, ma solo l’uomo cade radicalmente in preda alla malattia». E anche questo va aggiunto: Sacks è uno scrittore con il quale i lettori stabiliscono un rapporto di tenace affezione, come fosse il medico che tutti hanno sognato e mai incontrato, quell’uomo che appartiene insieme alla scienza e alla malattia, che sa far parlare la malattia, che la vive ogni volta in tutta la sua pena e però la trasforma in un «intrattenimento da Mille e una notte». Questo libro, che si presenta come una serie di casi clinici, è un frammento di tali Mille e una notte – e ciò può aiutare a spiegare perché abbia raggiunto negli Stati Uniti un pubblico vastissimo. Nella maggior parte, questi casi – ma Sacks li chiama anche «storie o fiabe» – fanno parte dell’esperienza dell’autore. Così, un giorno, Sacks si è trovato dinanzi «l’uomo che scambiò sua moglie per un cappello» e «il marinaio perduto». Si presentavano come persone normali: l’uno illustre insegnante di musica, l’altro vigoroso uomo di mare. Ma in questi esseri si apriva una voragine invisibile: avevano perduto un pezzo della vita, qualcosa di costitutivo del . Il musicista carezza distrattamente i parchimetri credendo che siano teste di bambini. Il marinaio non può neppure essere ipnotizzato perché non ricorda le parole dette dall’ipnotizzatore un attimo prima. Che cosa vive, se non sa nulla di ciò che ha appena vissuto?
Rispetto alla normalità, che è troppo complessa per essere capita, e tende a opacizzarsi nell’esperienza comune, tutti i «deficit» o gli eccessi di funzione, come li chiama la neurologia, sono squarci di luce, improvvisa trasparenza di processi che si tessono nel «telaio incantato» del cervello. Ma queste storie terribili e appassionanti tendono a rimanere imprigionate nei manuali. Sacks è il mago benefico che le riscatta, e per pura capacità di identificazione con la sofferenza, con la turba, con la perdita o l’infrenabile sovrabbondanza riesce a ristabilire un contatto, spesso labile, delicatissimo, sempre prezioso per i pazienti e per noi, con mondi remoti altrimenti muti. Questo è il libro di un nuotatore «in acque sconosciute, dove può accadere di dover capovolgere tutte le solite considerazioni, dove la malattia può essere benessere e la normalità malattia, dove l’eccitazione può essere schiavitù o liberazione e dove la realtà può trovarsi nell’ebbrezza, non nella sobrietà».
L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello è stato pubblicato per la prima volta a Londra nel 1985.  

 

morSara Garagnani, Mor. Storia per le mie madri

"Mor" è un affresco familiare che si stende attraverso la storia di quattro generazioni di donne, tra Svezia e Italia. Con il dipanarsi delle vicende, l'autrice racconta come i traumi non elaborati si possano trasmettere di generazione in generazione, di madre in figlia, come un testimone che passa di mano in mano. La violenza psicologica e talvolta fisica si propaga, generando depressione, dipendenze, manie di perfezionismo, ossessioni, ricatti, segreti... anche a distanza di generazioni. In lingua svedese "mor" significa madre, "mormor" (madre di madre) nonna e così via: è la parola stessa a suggerire una ricorsività. Sara Garagnani racconta questa ereditarietà ripercorrendo la storia della sua famiglia, dalla nonna Inger alla madre Annette fino a se stessa, in un ciclo di emancipazione e ricaduta tratteggiato con lucidità ma anche con sincero affetto. Con costante inventiva visiva, puntuale e mai fredda, l'autrice ci regala un racconto che è a un tempo analitico e intimo, riflessivo e passionale, dolce e amarissimo. Una storia che ci permette di guardare le ferite familiari sotto una luce nuova, e con un obiettivo diverso: Mor non è la storia "delle mie madri" ma "per le mie madri". Postfazione di Maura Gancitano.